Strategia di sostenibilità: come farla e quali KPI ESG considerare

Nell’attuale contesto globale, le aziende sono sempre più chiamate a rispondere a sfide ambientali e sociali che richiedono un ripensamento profondo del loro modello operativo. La sostenibilità non è più un’opzione, ma una necessità strategica per chiunque voglia prosperare nel lungo termine. In questo scenario, sviluppare una solida strategia di sostenibilità diventa fondamentale non solo per soddisfare le aspettative di clienti e investitori, ma anche per garantire la resilienza dell’impresa in un mercato in continua evoluzione.

Cos’è una strategia di sostenibilità e perché è importante

Una strategia di sostenibilità è più di un semplice piano: è una vera e propria roadmap per le aziende, che mira a ridurre l’impatto ambientale e, al contempo, ad aumentare il valore economico dell’impresa. Questo approccio integrato consente alle aziende di operare in modo responsabile, tenendo conto non solo delle proprie performance economiche, ma anche delle conseguenze sociali e ambientali delle proprie attività.

L’adozione di una strategia di sostenibilità è cruciale per affrontare le sfide contemporanee, come i cambiamenti climatici e la crescente domanda di trasparenza da parte dei consumatori. Un piano ben strutturato permette di identificare obiettivi specifici, allineati con le dimensioni ESG (Environmental, Social, Governance), e di monitorare costantemente i risultati attraverso KPI ESG pertinenti. Così facendo, le aziende possono non solo rispondere alle aspettative degli stakeholder, ma anche posizionarsi strategicamente nel mercato.

Doppia materialità e sostenibilità: una sfida per le PMI

La “doppia materialità” è un concetto introdotto dalla Commissione Europea per promuovere una finanza sostenibile e garantire maggiore trasparenza nei bilanci aziendali. Questo principio richiede alle imprese di valutare non solo come i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) influenzano le loro performance finanziarie, ma anche quale impatto le loro attività producano sull’ambiente e sulla società. Questo approccio ha guadagnato rilevanza con l’aggiornamento della Direttiva sulla Relazione Non Finanziaria (NFRD), una normativa che disciplina la divulgazione di dati non finanziari da parte delle grandi imprese. A differenza delle normative precedenti, che si limitavano a segnalare obiettivi interni significativi, la doppia materialità punta a offrire un quadro più completo e trasparente agli stakeholder – investitori, consumatori, policy maker e società civile – affinché possano comprendere meglio la strategia di sostenibilità e l’impatto a lungo termine del business.

Per le piccole e medie imprese (PMI), tuttavia, questo modello può apparire particolarmente complesso. Sebbene la normativa attualmente si applichi solo alle imprese più grandi, è probabile che anche le PMI italiane vengano coinvolte indirettamente. Il sistema imprenditoriale nel suo complesso, infatti, tenderà a richiedere una maggiore attenzione a questi temi e le aziende di maggiori dimensioni, per ottimizzare la loro performance ESG, coinvolgeranno sempre più la loro intera supply chain. Questo si traduce, di fatto, in una pressione su tutte le realtà dell’ecosistema produttivo, incluse le PMI, affinché si allineino agli standard di sostenibilità.

Implementare una struttura interna dedicata agli aspetti ESG può risultare impegnativo per le PMI, che spesso dispongono di risorse limitate. Tuttavia, esiste una via d’uscita: queste imprese possono intraprendere un percorso di rinnovamento strategico, impostando obiettivi chiari e specifici (KPI) e utilizzando strumenti gestionali che permettano di monitorare i progressi, fornendo insight utili per migliorarne l’efficacia. Così facendo, anche le PMI possono trasformare la doppia materialità da obbligo complesso in un’opportunità per ripensare e rafforzare la propria posizione competitiva.

Come realizzare una strategia di sostenibilità

Per sviluppare una strategia di sostenibilità efficace, le aziende devono seguire alcuni passaggi fondamentali:

  1. Analisi delle pratiche attuali: è essenziale esaminare le attività correnti e valutare come queste impattino sull’ambiente e sulla comunità. Questa fase include la raccolta di dati e la revisione delle politiche aziendali esistenti;
  2. Identificazione delle aree di miglioramento: una volta completata l’analisi, è fondamentale individuare le aree in cui l’azienda può migliorare. Ciò può riguardare l’efficienza energetica, la gestione dei rifiuti, l’impatto sociale e altri aspetti ESG;
  3. Definizione di obiettivi chiari: stabilire obiettivi specifici e misurabili consente di avere un quadro di riferimento chiaro. Gli obiettivi dovrebbero essere allineati con le aspettative degli stakeholder e le normative vigenti:
  4. Coinvolgimento degli stakeholder: la comunicazione e la collaborazione con i diversi portatori di interesse, come dipendenti, clienti e fornitori, sono cruciali per il successo della strategia;
  5. Implementazione e monitoraggio: infine, è importante mettere in atto le modifiche necessarie e monitorare i risultati attraverso KPI di sostenibilità, garantendo un adattamento continuo della strategia in base ai risultati ottenuti.

I 5 vantaggi di una strategia di sostenibilità

Adottare una strategia di sostenibilità presenta numerosi benefici, sia tangibili che intangibili. Tra i vantaggi più significativi troviamo:

  1. Miglioramento dell’efficienza operativa: attraverso una gestione più oculata delle risorse, le aziende possono ottimizzare i processi, riducendo i costi operativi;
  2. Riduzione dell’impatto ambientale: implementare pratiche sostenibili aiuta a ridurre l’inquinamento e a preservare le risorse naturali, contribuendo a un futuro più sostenibile;
  3. Vantaggio competitivo: le aziende che investono in sostenibilità possono distinguersi sul mercato, attirando clienti sempre più attenti all’ambiente;
  4. Miglioramento dell’immagine aziendale: la trasparenza e l’impegno verso pratiche sostenibili possono migliorare la reputazione dell’azienda, favorendo relazioni positive con tutti gli stakeholder;
  5. Accesso a finanziamenti e investimenti: sempre più investitori preferiscono sostenere aziende con solidi piani di sostenibilità, facilitando l’accesso a capitali.

I 7 KPI di sostenibilità per migliorare la strategia ESG: focus sulla Governance

Ma quali sono i parametri e i KPI che le aziende – grandi e piccole – dovranno utilizzare per misurare i progressi nelle tre dimensioni ESG? Tendenzialmente, le aziende di servizi pongono maggiore enfasi sui KPI relativi alla componente “Social” mettendo in risalto soprattutto gli indicatori che riflettono l’investimento in formazione e piani di carriera delle proprie risorse umane. Le aziende industriali, invece, puntano più sui KPI “Environmental”, per mostrare la propria capacità di ridurre l’impatto delle operazioni sull’ambiente.

Troppo spesso, però, vengono sottovalutati i KPI legati alla “Governance”. Gli indicatori ambientali e sociali sono, in effetti, più immediati da impostare come prioritari e da tradurre in azioni pratiche, mentre quelli di Governance risultano qualificabili solo se prima gli amministratori hanno definito una precisa strategia di sostenibilità che passa innanzitutto dalle persone. Il che implica la creazione di programmi di formazione ad hoc, che aiutino l’organizzazione a formalizzare la cosiddetta sostenibilità inconscia, non solo identificando gli obiettivi da perseguire sulla base dell’agenda 2030 e i Sustainable Development Goals già raggiunti, ma anche nominando un ESG manager e uno staff dedicato.

Entrando più nello specifico, sono sette i KPI sul piano della Governance – estesa anche agli ambiti di risk management e compliance – che le aziende non dovrebbero sottovalutare nell’ottica di migliorare la strategia di sostenibilità. Vediamole una ad una:

  1. Management: identificare una figura responsabile per i temi ESG in azienda;
  2. Risorse umane: monitorare le iniziative a sostegno della genitorialità e della remunerazione in linea con i target ESG prefissati;
  3. Codice etico: istituire procedure in materia di controllo qualità e anticorruzione;
  4. Sustainable Development Goals: allineare gli output di processo agli obiettivi di sviluppo sostenibili promossi dalle Nazioni Unite;
  5. Diversity & Inclusion: implementare metriche per il bilanciamento dei generi presenti in azienda;
  6. Mappatura dei rischi ESG: delineare in modo dinamico le aree a maggior rischio e implementare misure di contrasto alle minacce.

Il ruolo dei software gestionali: assicurare concretezza

Appare ovvio, quindi, che il compimento di una strategia di sostenibilità debba essere accompagnato da sistemi in grado di misurare gli effetti delle iniziative che vengono condotte, per tradurre gli obiettivi in azioni reali e misurabili: senza una valutazione oggettiva, si rimane nel campo delle intenzioni.

I KPI ESG sono la concretizzazione in forma numerica dei comportamenti che ogni azienda deve mettere in campo per tradurre gli SDG in realtà. È perciò indispensabile disporre di strumenti gestionali, analitici e capaci di misurare in modo affidabile, non solo per sostenere il requisito di auditabilità, ma per avere la certezza di aver intrapreso azioni concrete ed efficaci.

Ricevi la nostra newsletter

Compila il form qui di seguito con i tuoi dati per rimanere sempre aggiornato sulle novità e gli eventi di Qintesi.

Come realizzare un profitto sostenibile

Approfondisci i trend e le linee guida per un’impresa sostenibile