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Risk Management e compagnie assicurative: modalità di governo per un’effettiva attuazione

Si sono evidenziate negli anni correlazioni positive tra la gestione dei rischi e le performance economico-finanziarie delle Compagnie Assicurative, molte delle quali hanno sfruttato la leva Solvency II per integrare nei propri processi di determinazione del capitale di solvibilità la gestione e la misurazione del rischio a tutti i livelli, quindi non solo per una prescrizione regolatoria, ma per migliorarne le leve di gestione. Ciò è avvenuto a partire dalle attività propedeutiche all’underwriting, fino a quelle determinanti per la quantificazione e la rappresentazione della performance alla comunità finanziaria a livello aziendale, modificandone anche i driver e gli indicatori rappresentati sulle tavole di sintesi, espressive della capacità patrimoniale e reddituale della Compagnia.

Affrontare il tema della cultura del rischio nelle Compagnie Assicurative è molto delicato ma allo stesso stimolante: il loro settore vive di determinazioni quantitative che caratterizzano il business, connaturate puntualmente al rischio sin dalla sua affermazione. Ma è evidente che un conto è trattare il rischio (ovvero misurarlo con le tecniche più sofisticate e articolate, frutto di esperienza di decenni di permanenza sui mercati) per meglio giungere a una più idonea quotazione delle garanzie rilasciate all’assicurato con cui si compete sui diversi segmenti di business (rischio focalizzato sul prodotto), e un conto è diffondere la cultura del rischio a livello più ampio su tutti i processi aziendali che contribuiscono alla generazione di valore per gli azionisti e che consentono il deployment degli obiettivi di piano strategico, anch’essi oggi costruiti e basati su metodologie di Enterprise Risk Management.

Secondo quest’ultima accezione, il rischio diventa uno dei principali fattori caratterizzanti la gestione e la cultura dell’impresa assicurativa nella sua interezza, che impatta sulle policy di attuazione degli obiettivi strategici fino a concorrere alla modifica delle prassi operative per prioritizzarsi negli scenari di sviluppo oggetto di pianificazione. Qualsiasi decisione di qualsiasi unità di business deve fare i conti con il rischio e non più solo quelle legate alla quotazione del prodotto assicurativo.

Un approccio confermato, a livello accademico, dalle parole di Marco Giorgino, Ordinario di Finanza Aziendale e Risk Management, Politecnico di Milano e MIP, il quale conferma: “Le crescenti sfide che caratterizzano aziende industriali, bancarie, assicurative e finanziarie richiedono la presenza costante all’interno del sistema decisionale e di controllo di tali organizzazioni di competenze e attività dedicate che consentano di non perdere mai la vista su quale sia il profilo di rischio. È tema centrale nella vita delle aziende. È importante, però, che tale presenza abbia una natura di sostanza e non serva solo ad ottemperare a dettami normativi o a costruire soluzioni di facciata che nulla servono rispetto ad una gestione responsabile del business e ad una sostenibilità della vita di tali aziende nel tempo”. 

Sapere cos’è il Risk Management non basta

Nel sistema di gestione dei rischi, la funzione Risk Management ha la responsabilità di “individuare, misurare, valutare e monitorare su base continuativa i rischi attuali e prospettici cui la Compagnia è o potrebbe essere esposta e le relative conseguenze”.

In ambito industriale, tuttavia, sapere cos’è il Risk Management non basta. Occorre anche mettere in opera questa competenza con il supporto di figure appositamente formate e inquadrarla in un contesto di armonica sinergia con le altre funzioni aziendali.

Il Risk Management rappresenta quindi l’insieme di attività volte a soddisfare alcuni obiettivi:

  • localizzare e analizzare l’insieme dei potenziali rischi in cui può incorrere l’azienda;
  • valutare tali rischi in base al loro possibile impatto e probabilità di accadimento;
  • indirizzare la politica migliore per ottimizzarne la gestione attuale e prospettica;
  • progettare e implementare processi e meccanismi operativi in grado di integrare la misura del rischio con metodologie di capital management

Come detto, fermarsi a queste nozioni (ovvero al “cos’è il Risk Management”) non è sufficiente: individuare i rischi è importante, ma saperli gestire anche con proiezioni rivolte a scenari futuri è fondamentale. Solo un’adeguata attività preventiva di gestione strutturata del rischio consente di evitare le catene consequenziali, ossia quella serie di eventi che possono accadere al verificarsi di un rischio e che possono portare al default finanziario. Quindi diventa fondamentale rivolgersi al corretto interlocutore aziendale in grado di promuoverne cultura, prassi e modalità attuative. 

Le funzioni del Risk Manager: dalla valutazione interna alla creazione di una cultura del rischio

Una volta individuati e analizzati i potenziali rischi in cui l’impresa può imbattersi, al Risk Manager spettano alcune importanti funzioni:

  • accertarsi dei risultati della propria valutazione e sopporli a processi di monitoraggio strutturato nel tempo;
  • definire le modalità di prevenzione e di remedial action ritenute necessarie e i rischi che possono invece essere assorbiti secondo una propria politica di ritenzione dello stesso, che in altre parole significa fornire gli strumenti per decidere, anche ad altre funzioni aziendali se evitare, accettare o trasferire il rischio;
  • valutare i possibili rischi e le responsabilità per l’azienda insiti nei contratti con terzi;
  • responsabilizzare il personale riguardo a specifiche politiche di presidio del rischio, creandone una vera e propria cultura interna

Il Processo ORSA: un obbligo per le imprese assicurative in termini di Risk Management

Le imprese assicurative non solo devono sapere cos’è il Risk Management, ma devono anche sottostare a precise modalità operative per attuarlo. Esse sono infatti tenute per legge a valutare autonomamente il proprio rischio di solvibilità con un approccio look-forward, attraverso un processo denominato Own Risk and Solvency Assessment (ORSA) e che costituisce l’essenza attuativa del secondo pilastro della Direttiva Solvency II.

In questo contesto, la funzione di Risk Management si interseca anche con compiti di presidio e controllo della qualità dei dati, con particolare riferimento alla corretta ricalibrazione del capitale per assicurarne un processo di monitoraggio in quello che è il reale rischio misurato con rilevanti impatti sugli indicatori di solvibilità previsti da Solvency II.

Inoltre, fra i compiti che le imprese devono assolvere vi è anche la conduzione, con cadenza almeno annuale, di un’autovalutazione prospettica della situazione di rischio e del fabbisogno di capitale, la quale consente di ottenere un quadro complessivo dell’assicuratore in termini di situazione rischio/capitale effettivamente sostenibile.

La valutazione che emerge dal processo ORSA si traduce infine in una “Relazione di valutazione dei rischi e della solvibilità̀” (c.d. ORSA Report).

Tale documento contiene una serie di elementi fondamentali:

  • risultati qualitativi e quantitativi dell’autovalutazione;
  • le indicazioni sui metodi e le principali ipotesi utilizzati;
  • le informazioni sul fabbisogno complessivo di solvibilità dell’impresa e il confronto tra tale fabbisogno di solvibilità̀, i requisiti patrimoniali obbligatori e i fondi propri dell’impresa;
  • informazioni qualitative sulla misura in cui i rischi quantificabili cui le imprese sono esposte non sono rispecchiati nel calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità.

L’ORSA Report è di fondamentale importanza nel processo di vigilanza. La Relazione che ne scaturisce va a costituire infatti uno dei principali documenti su cui si fondano gli approfondimenti e le valutazioni delle Autorità di vigilanza circa la capacità dell’impresa di identificare, indirizzare e gestire in modo consapevole i potenziali fattori di rischio.

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